La separazione consensuale è la separazione concordata tra i coniugi, che si attua col consenso degli stessi, nel senso che sono i coniugi a stabile le condizioni della separazione, sia con riguardo agli eventuali figli, che sotto l’aspetto patrimoniale. Una volta che prendono coscienza della fine del loro matrimonio redigono un accordo preventivo che il giudice dovrà solo omologare. Essa è molto più veloce rispetto alla procedura della separazione con addebito, in quanto l’iter burocratico è più semplice; tra gli aspetti negativi, ci sono solo le conseguenze che ogni separazione porta con sé.La guida spiega come richiedere e come gestire una separazione consensuale.
Separazione consensuale: prevede la decisione presa dai coniugi di comune accordo di porre fine al matrimonio, quindi non c’è nessuna causa di fondo o nessuna mancanza da parte di uno dei coniugi che può essere considerato responsabile della separazione; non è una soluzione definitiva ma prevede un passo successivo, che può essere il divorzio o la riconciliazione.
Separazione con addebito: prevede la separazione con l’addebito della colpa ad uno dei due coniugi, che non ha rispettato i doveri coniugali (abbandono del tetto coniugale, relazione extraconiugale, ripetute menzogne) e quindi è considerato interamente responsabile della separazione, con le relative conseguenze economiche che ciò comporta; come la separazione consensuale non è una decisione definitiva ma si limita a sospendere gli effetti del matrimonio.
Divorzio: è il passo successivo alla separazione, sancisce la fine definitiva del matrimonio e infatti devono passare almeno tre anni dopo la separazione prima di poter divorziare dall’ex coniuge.
Annullamento del matrimonio: l’annullamento del matrimonio è lecito nel momento in cui il giudice stabilisce che c’è una violazione di fondo delle norme fondamentali stabilite dalla legge affinché il matrimonio possa essere considerato valido; l’annullamento è una decisione definitiva e prevede lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
Redazione dell’accordo: la separazione consensuale prevede che i coniugi redigano un accordo prima di iniziare la procedura di separazione vera e propria. Tale accordo deve illustrare le decisioni prese dai coniugi in materia di: affidamento dei figli e diritto di visita del genitore non affidatario; importo dell’assegno di mantenimento del coniuge economicamente svantaggiato (coniuge debole) da parte del coniuge con il reddito maggiore; importo dell’assegno per gli alimenti versato dal coniuge non affidatario, per il mantenimento dei figli; decisioni relative alla divisione dei beni di proprietà di entrambi i coniugi, comprese le decisioni relative al mantenimento dell’abitazione familiare. Quest’accordo può essere redatto dai coniugi personalmente o avvalendosi dell’aiuto di un mediatore familiare; inoltre i coniugi possono decidere di farlo vagliare ad un avvocato che ne determini l’approvabilità e la correttezza.
Presentazione del ricorso: una volta redatto l’accordo preventivo, i coniugi devono depositare il ricorso di separazione presso la Cancelleria del tribunale competente per residenza, cioè al tribunale del loro territorio di residenza; tale domanda contiene le generalità dei coniugi che intendono separarsi e gli accordi presi precedentemente, e ad essa vanno allegati l’estratto dell’atto di matrimonio, i certificati di residenza e dello stato di famiglia dei coniugi, e le copie delle dichiarazioni dei redditi di entrambi i coniugi relative agli ultimi tre anni. Una volta iscritta a ruolo la causa, cioè registrata dal tribunale, essa viene affidata a un giudice (che nei procedimenti di separazione non è mai un giudice di pace) e viene fissata una data per la prima udienza, di solito a distanza di tre- cinque mesi.
Udienza di comparizione personale dei coniugi: alla prima udienza i coniugi hanno entrambi l’obbligo di comparizione. Questa udienza rappresenta un tentativo di conciliazione da parte del giudice, che tuttavia difficilmente va a buon fine: se i due coniugi accettano di riconciliarsi, il giudice lo iscrive in un apposito verbale detto appunto di riconciliazione; se invece, come avviene nella maggior parte dei casi, i due coniugi decidono comunque di procedere per la separazione, si passa alla fase successiva, cioè l’omologazione dell’accordo.
Omologazione: è l’ultima fase della separazione consensuale, quella in cui il giudice approva l’accordo presentato dai due coniugi e lo rende valido, per cui la separazione viene resa effettiva. A questo punto il Tribunale si occupa di comunicare l’omologazione della separazione agli uffici del Comune in cui è avvenuto il matrimonio, e l’Ufficiale di Stato Civile lo registra sull’atto di matrimonio stesso. Di solito l’omologazione avviene entro tre- sette mesi dal deposito del ricorso, quindi in tempi piuttosto rapidi; nel periodo di tempo che intercorre tra il deposito del ricorso e l’omologazione la separazione non è ancora considerata effettiva. Il decreto di omologazione può essere impugnato da una delle due parti ricorrendo alla Corte d’Appello, ma in genere questo non accade mai in quanto l’accordo che il giudice sottopone a omologazione è redatto dalle parti e pertanto incontra il loro favore.
Modifica delle condizioni: è un passo facoltativo che avviene dopo qualche tempo dalla separazione consensuale, nel caso in cui le condizioni elencate nell’accordo omologato non possano più essere rispettate per cui è necessaria una loro revisione. In tal caso è necessario presentare un ricorso attraverso un avvocato, e il Giudice interverrà a modificare il precedente accordo attraverso un apposito decreto. La modifica delle condizioni di separazione consensuale può essere richiesta da entrambi i coniugi o anche soltanto da uno dei due
Accordi a latere: nel caso in cui sorgano delle controversie dopo la separazione si può ricorrere ai cosiddetti “accordi a latere” (lett. “accordi a fianco”); si tratta di accordi che non vengono sottoposti ad omologazione da parte del giudice ma che vengono considerati validi purché non interferiscano con l’accordo omologato principale. Oltre che dopo l’omologazione, essi possono anche essere redatti prima di iniziare la procedura di separazione: in tal caso non vengono omologati in quanto riguardano condizioni secondarie rispetto a quelle dell’accordo principale.
Con la separazione consensuale (ma anche con quella giudiziale) non si cancella il matrimonio, né viene meno lo status di coniuge, bensì vengono meno alcuni obblighi, come quello della fedeltà , mentre comporta dei doveri come quello di mantenere ed educare i figli o riconoscere l’assegno di mantenimento o il diritto agli alimenti al coniuge più debole economicamente. I coniugi separati si possono riconciliare in qualsiasi momento senza alcune formalità , anche se è opportuno formalizzare tale circostanza giudiziariamente o con una dichiarazione da rendere presso il Comune di appartenenza. Trascorsi 3 anni dalla data dell’ udienza di comparizione si può chiedere il divorzio, ossia lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili dello stesso a secondo che si tratti di matrimonio civile o matrimonio concordatario
Figli maggiorenni: possono scegliere con chi andare a vivere, senza bisogno di essere affidati all’uno o all’altro genitore;
Figli minorenni: è necessario stabilire un tipo di affidamento e il genitore cui affidarli.
L’affidamento dei figli minorenni può essere: esclusivo, condiviso o congiunto.
Affidamento esclusivo: l’affidamento dei figli concesso a un solo coniuge, e in questo caso il coniuge affidatario è l’unico che mantiene la patria potestà sui figli;
Affidamento condiviso: nel caso in cui i genitori si trovino in condizioni di conflittualità ma vogliano comunque mantenere entrambi la patria potestà sui figli; in questo caso i genitori sono entrambi responsabili del figlio, ma tale responsabilità è limitata a degli ambiti specifici che si escludono a vicenda;
Affidamento congiunto: nel caso in cui i genitori mantengano buoni rapporti dopo la separazione e vogliano continuare ad esercitare entrambi la patria potestĂ , collaborando nel prendere le decisioni principali relative alla vita del figlio.
Nel caso di affidamento esclusivo il coniuge che perde la patria potestà deve impegnarsi a versare i cosiddetti alimenti, cioè degli assegni di mantenimento, al figlio o ai figli, finché essi non inizieranno a percepire un reddito proprio; tali assegni non coincidono con quelli che devono essere versati all’ex coniuge, ma posso essere cumulabili con essi; inoltre, non è detto che essi siano versati mensilmente, ma a seconda delle condizioni economiche degli ex coniugi essi possono essere versati anche una tantum, cioè in un’unica somma. Se invece l’affidamento dei figli è condiviso o congiunto, i coniugi mantengono entrambi la patria potestà sui figli e quindi contribuiscono entrambi al mantenimento dgli stessi.
Un bene particolare è quello della casa in cui la famiglia risiede: nel caso in cui la coppia ha figli, la casa di solito rimane al coniuge che ottiene l’affidamento dei figli; nel caso in cui la coppia non abbia figli, i coniugi possono scegliere liberamente chi rimane nella casa coniugale e chi ne viene invece estromesso, ma in quest’ultimo caso il giudice valuterà l’impatto economico sulla situazione di entrambi i coniugi e prenderà le dovute conseguenze (ad esempio, se il coniuge che deve pagare gli alimenti è anche colui che viene estromesso dalla casa coniugale, il giudice gli imporrà di versare una somma più bassa tenendo conto del fatto che egli deve sostenere ulteriori spese per pagare un’altra casa).
Se la casa coniugale è in comproprietà , una soluzione potrebbe essere quella della cessione della quota di uno dei due coniugi all’altro, che ne diviene automaticamente proprietario; un’altra soluzione potrebbe essere quella di continuare a coabitare nella stessa casa, magari scegliendo delle stanze separate, vivendo da cosiddetti “separati in casa”: nessuna norma di legge vieta infatti la coabitazione dei coniugi dopo la separazione. In quest’ultimo caso i coniugi dovranno partecipare entrambi alle spese, continuando a pagare bollette e tasse di comune accordo.
Se la casa è stata acquistata tramite mutuo non ancora estinto, i coniugi possono scegliere tra diverse opzioni: continuare a pagare entrambi il mutuo visto che comunque la casa verrà lasciata in eredità ai figli; il cosiddetto accollo del mutuo, cioè uno dei due continua a pagare il mutuo mentre l’altro vi rinuncia, rinunciando di fatto anche alla casa; vendere la casa e trasferirsi in una nuova residenza lasciando il mutuo da pagare ai successivi proprietari.
Dopo la separazione consensuale, a differenza di quanto accade in caso di separazione con addebito, i coniugi continuano a vantare gli stessi diritti dei coniugi non separati in fatto di ereditĂ e di pensione di reversibilitĂ ; tali diritti cessano solo nel momento in cui dalla separazione si passa al divorzio vero e proprio.
L’unico costo obbligatorio da sostenere per una separazione consensuale consiste nei 37€ di contributo unificato da pagare al Tribunale: tale cifra è una tassa imposta dalla finanziaria approvata nel 2011, e in caso di separazione con addebito aumenta a 85€. Per il resto, poiché per una separazione consensuale non servono avvocati, il costo della procedura è praticamente nullo. Tuttavia se si ha la sfortuna di appartenere ad uno dei pochi Tribunali che in Italia richiedono l’assistenza dei coniugi da parte di avvocati, in genere le cifre non sono bassissime: ci si aggira intorno ai 2000€- 3000€ a coppia; in questo caso conviene affidarsi ad un unico avvocato e dividere le spese con l’ex coniuge. Nel caso in cui invece si richieda il parere di un avvocato solo per fargli visionare l’accordo da presentare al giudice, probabilmente egli chiederà una parcella in base al numero di ore di lavoro svolte; in questo caso le cifre sono molto varie, ma ci si aggira sempre intorno ad alcune centinaia di euro. Si può comunque sempre richiedere il gratuito patrocinio, cioè la richiesta di separazione a spese dello stato, scegliendo il proprio avvocato tra quelli iscritti alle liste del gratuito patrocinio.
Di semplici conviventi: la separazione di semplici conviventi assume carattere legale solo nel caso in cui la coppia abbia dei figli minorenni; in questo caso i genitori si dovranno recare presso il Tribunale dei Minori della loro regione, per presentare al giudice un accordo precedentemente stipulato sulle decisioni future relative alla vita dei figli in comune. Se invece la coppia non ha figli, non si ha una separazione in ambito legale, in quanto non è previsto il mantenimento degli ex conviventi, ma tutto si risolve come se si rompesse un qualunque fidanzamento.
Da un detenuto: nel caso in cui uno dei due coniugi sia detenuto si può ottenere la separazione consensuale purché anche lui/lei sia d’accordo, svolgendo lo stesso iter previsto dalla legge per la separazione consensuale. Il detenuto dovrà firmare le carte del ricorso davanti al direttore del carcere e dovrà essere condotto all’udienza nel giorno stabilito dal giudice.
Durante la gravidanza: se la separazione consensuale avviene mentre la moglie è in stato di gravidanza, ciò non incide sul procedimento; semplicemente, il padre del bambino dovrà decidere se riconoscerlo o meno. Sia nel caso in cui il figlio venga riconosciuto spontaneamente, sia nel caso in cui la paternità venisse accertata giudizialmente, il padre dovrà provvedere al suo mantenimento quindi al versamento di un assegno per gli alimenti.
Mancata comparizione del coniuge: entrambi i coniugi che hanno richiesto la separazione consensuale hanno l’obbligo di presentarsi all’udienza fissata dal giudice. Nel caso essi non si presentino, la causa verrà archiviata e i coniugi se vorranno nuovamente richiedere la separazione consensuale dovranno effettuare un altro deposito di ricorso. Se invece dei due coniugi solo uno non si presenta all’udienza, il giudice può rinviare il processo ad un’altra data, e toccherà al coniuge presente in aula comunicare tale data al coniuge assente.
Revoca del consenso: è possibile che uno dei coniugi revochi il proprio consenso alla separazione, ma ciò può avvenire solo prima che avvenga l’omologazione dell’accordo da parte del giudice; dopo che l’accordo è stato omologato e quindi la separazione è resa definitiva non può più avvenire la revoca del consenso.
Vizi del consenso: la separazione consensuale è annullabile nel caso di vizi del consenso. Ciò vuol dire che l’omologazione della separazione può essere resa nulla qualora uno dei coniugi sia stato portato a richiedere la separazione tramite raggiri, falsità etc. In ogni caso su questo punto la controversia è ancora aperta e le decisioni dei giudici variano in base al caso che essi si trovano davanti.
La simulazione dell’atto di separazione consensuale omologato: non è possibile che l’accordo redatto dai coniugi e presentato al giudice sia reso valido prima della sua omologazione; solo il procedimento di omologazione da parte del giudice lo rende valido e pertanto rende la separazione effettiva.
E se i coniugi non hanno figli ma hanno un cane che trattano come un figlio? Non ci sono proposte di legge precise che regolano questa circostanza; in caso di separazione consensuale i coniugi possono decidere che dei due tiene il cane, con la possibilità di concedere all’altro il diritto di incontrare periodicamente l’animale.
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