La preparazione del vino richiede passione e dedizione. Se si desidera preparare un buon vino, occorre, per prima cosa, ripartire il lavoro in fasi e rispettare le regole di ciascuna. Bisogna tenere presente, infatti, che la qualità del prodotto finale dipende, oltre che dal tipo di uva, da alcuni accorgimenti semplici ma fondamentali.
Acquistare un vigneto, l’uva o il mosto?
Chi possiede un vigneto nella maggior parte dei casi conosce le cure necessarie alla pianta e al frutto e sa che l’uva va raccolta quando la maturazione è completa, quando non è troppo calda (potrebbe dare vita a strane fermentazioni) e quando non è bagnata da pioggia o rugiada (il mosto risulterebbe diluito). Chi non possiede un vigneto, potrà decidere di acquistare da un produttore di fiducia l’uva oppure il mosto. In questo secondo caso risparmierà tempo e fatica ma perderà momenti ricchi di magia e le fasi più suggestive della preparazione. Che abbiate prodotto l’uva nel vostro vigneto o che l’abbiate acquistata tenete presente che, se utilizzate il torchio, ogni quintale di uva dà circa 70 litri di vino. Il tempo tra la raccolta e la pigiatura deve, in ogni caso, essere breve per evitare che l’uva si guasti. Essa, inoltre, andrebbe sempre trasportata in ceste di vimini o in contenitori di plastica bucherellati per consentire una corretta traspirazione. Un ottima pratica è il controllo dell’integrità di grappoli e acini: solo una piccola quantità guasta può compromettere il gusto del vino.
La pigiatura
La pigiatura consiste nello schiacciamento dei grappoli per trarne il succo. I nostri nonni pestavano i grappoli con i piedi entro grandi ceste o appositi contenitori. La pratica aveva una forte componente rituale e si trasformava in una festa. Ancora oggi questo sistema è utilizzato per produrre modeste quantità di vino. Se la quantità è davvero piccola gli acini possono essere spremuti anche con le mani. Se al contrario si mira a una produzione quantitativamente notevole, ci si potrà avvalere di macchine coma la pigiatrice a rulli, la pigiadiraspatrice, ecc. La diraspatura La diraspatura è il passaggio successivo e consiste nella rimozione dei raspi cioè i “rametti” che tengono insieme gli acini. Questo passaggio è fondamentale perché evita un eccessivo aumento dell’acidità del vino e il rilascio di tannino. A questo punto l’uva si è trasformata in mosto…
Fermentazione alcolica
La trasformazione del mosto in vino avviene mediante l’azione di lieviti (i saccaromiceti) che trasformano gli zuccheri contenuti nel mosto in alcool. Questa fase è delicata poiché molte delle caratteristiche del futuro vino dipendono dal rispetto o meno di alcuni accorgimenti. Vediamo quali sono:
Se la temperatura del mosto è bassa, la fermentazione può essere stimolata con l’aggiunta di sali azotati o fosfoazotati la cui quantità dovrà essere opportunamente dosata. La durata della fermentazione può essere fissata in base alle caratteristiche del vino che si desiderano.
Se si opta per una lunga fermentazione, ogni 12 ore bisogna procedere alla follatura ossia al rimescolamento del mosto. Da questa operazione si possono trarre numerosi benefici: si ossigenano i lieviti favorendone lo sviluppo, si evita che la vinaccia in superficie si inacetisca, si uniforma la temperatura della parte sommersa e di quella superficiale. Un’eccessiva distanza temporale tra una follatura e l’altra non solo non arreca alcun beneficio ma può risultare dannosa.
I gradi alcolici
L’alcol è dovuto all’azione dei saccaromiceti che si nutrono degli zuccheri trasformandoli in alcol. Non è detto che il mosto possieda zuccheri sufficienti a raggiungere un buon tasso alcolico. In questo caso, verificata la carenza di zucchero con l’ausilio di un densimetro, si può aggiungere del saccarosio. 1,7 Kg di saccarosio per ettolitro di mosto, infatti, produce l’aumento di un grado alcolico. Questa pratica è vietata dalla legge italiana non perché faccia male alla salute ma per evitare la produzione di vini contraffatti.
Svinatura e trasferimento nella botte
Al termine della fermentazione si procede, innanzitutto, alla separazione della vinaccia (le parti ancora solide dell’uva) dal resto che costituisce il cosiddetto vino fiore. La vinaccia andrà passata al torchio per un’ulteriore spremitura. La torchiatura andrà ripetuta più volte aumentando progressivamente la pressione per far fuoriuscire più liquido possibile. Si può filtrare il tutto tramite un setaccio e trasferire il liquido ricavato in una botte che andrebbe collocata in un ambiente fresco, asciutto e silenzioso. La cantina ideale è di solito un ambiente sotterraneo ma abbastanza areato per garantire la fuoriuscita di anidride carbonica. Poiché il vino si "impregna" degli odori circostanti, non bisogna collocare la botte in prossimità di odori forti. Nei mesi seguenti saranno opportuni due o tre travasi. Il primo dopo circa 15 giorni, il secondo dopo circa 30 giorni dal precedente e così anche il terzo. Sarà opportuno eseguire i travasi in giorni sereni e asciutti, possibilmente quando la luna è in fase calante. Ad ogni travaso verranno eliminati dei residui, la feccia. Il vino acquisterà un aspetto limpido solo dopo un certo periodo di decantazione.
L’imbottigliamento
L’imbottigliamento è il passaggio conclusivo di un lungo percorso. Secondo la tradizione i giorni giusti per l’imbottigliamento devono essere scelti in base alla luna che deve essere in fase calante. È fondamentale che la giornata sia serena. Bisogna accertarsi che le bottiglie e gli strumenti per effettuare il travaso siano più sterili possibile. Il tappo di sughero è sicuramente una buona soluzione soprattutto rispetto ai tappi di plastica. I tappi in latta garantiscono una maggiore conservabilità del vino anche se risultano esteticamente meno gradevoli. Non vi resta che organizzare una cena con gli amici e portarlo in tavola. Ed ecco, quando aprirete la vostra bottiglia, potrete godervi il risultato…
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