I microchip dei cani sono degli apparecchi “transponder”, detti così perché non hanno energia interna: si impiantano sottocute, in modo indolore, hanno dimensioni ridottissime, sono utili fondamentalmente per l'identificazione univoca dell'animale e del suo proprietario. Divenuti recentemente obbligatori per legge, presentano una lunga serie di vantaggi sia per il cane che per il rispettivo proprietario.
Nei primi tempi di introduzione di questa tecnica, la consuetudine impose l'impianto del microchip nella sezione del basso collo: oggi, in Europa, è convenzione collocarlo nella parte sinistra del collo, in basso. La capsula è realizzata con una superficie esterna leggermente zigrinata che impedisce lo scivolamento del microchip in altri tessuti: in particolare, la formazione circostante di tessuto connettivo ne impedisce ulteriormente lo spostamento.
A tal riguardo, le associazioni cinofile consigliano vivamente ai neo proprietari di cani “microchippati” di recarsi presso l'anagrafe canina per controllare l'avvenuta registrazione del proprio cane, operazione che a volte può sfuggire per inadempienza di chi ha immesso il microchip. Accade infatti di poter smarrire “fido” e di non poter fare una ricerca mirata tra i randagi accolti nei canili, nonostante il microchip, se il cane non è stato effettivamente registrato in anagrafe. Accade anche il contrario: si ritrovano ogni anno numerosi cani smarriti, muniti di microchip, ma con l'impossibilità di identificarli per via della mancata registrazione all'anagrafe canina.
Purtroppo bisogna sottolineare il fatto che tale ordinanza sia divenuta legge solo in alcune regioni, quali l'Emilia Romagna, la Lombardia, la Toscana, il Lazio e il Veneto. In altre regioni tale obbligatorietà sta subentrando gradualmente, mentre altrove vige ancora l'obbligo del tatuaggio, svantaggioso sia per la bassa durata e leggibilità che per la procedura dolorosa. I viaggiatori devono sapere, inoltre, che alcuni paesi europei impongono l'obbligo del microchip se si vuole portare in viaggio con sé anche il proprio cane.
Il microchip non è obbligatorio solo nel caso in cui l'animale abbia già un tatuaggio, a patto che sia ben leggibile: nel momento in cui anche una sola cifra tatuata risulti di difficile lettura, si deve procedere con l'impianto del microchip.
In base a questa norma è vietato quindi cedere o vendere cani che non siano identificati e registrati.
Alcune associazioni per la tutela degli animali propongono occasionalmente campagne di sensibilizzazione sull'argomento e promuovono la gratuitĂ dell'impianto.
In caso di smarrimento, se il cane ha il microchip ed è correttamente registrato presso un'anagrafe canina, analizzando con il lettore il suo codice identificativo, è possibile risalire alle generalità del suo proprietario in qualsiasi momento. In caso di smarrimento, il proprietario è tenuto a comunicare l'evento all'anagrafe canina.
Il cane con microchip è identificabile con precisione, dunque difficile da rubare e rivendere. In caso di furto, il proprietario del cane deve presentare regolare denuncia alle forze dell'ordine: nel caso di ritrovamento di un cane dotato di microchip, il padrone che ha omesso di denunciare il furto o la scomparsa incorre nelle sanzioni previste per abbandono di animali.
I proprietari che volessero abbandonare il proprio cane, in caso di ritrovamento, incorrerebbero in sanzioni molto pesanti per abbandono di animali. Nel caso in cui si voglia vendere o cedere un cane (assolutamente vietato se non ha il microchip), bisogna recarsi presso l'anagrafe canina e comunicarne la cessione.
In passato i cani erano individuati con un tatuaggio costituito da un codice personalizzato, realizzato nella parte addominale, alla base delle zampe. I tatuaggi richiedevano interventi di sedazione (con i rischi che ne derivavano) e per questo non erano praticabili su cani molto anziani e/o con problemi fisici. In caso di animali a pelo lungo e semi-lungo, essi risultavano di difficile lettura e soprattutto soggetti a rapidi processi di sbiadimento. Questa tecnica, inoltre, si basava su codici differenti da regione a regione, dunque la codifica non era universale (o perlomeno univoca su territorio nazionale).
I microchip, invece:
Nonostante vi sia una convenzione internazionale che definisce la posizione esatta in cui collocare il microchip e reperirlo così facilmente sottocute, veterinari inesperti possono collocarli altrove, a volte anche in zone molto lontane dalla parte sinistra del basso collo (ad es. vicino le zampe). La difficoltà subentra nel momento in cui si deve ricercare la posizione precisa del microchip per la lettura del codice. Le onde emanate dai chip, infatti, sono poco intense ed è necessario che il lettore sia posto molto vicino: può succedere quindi che, specie in cani di grossa taglia, se il chip è collocato altrove e non è rintracciabile sottocute, il lettore può non riuscire a leggerlo.
Il microchip inoltre può spostarsi anche per la debolezza dei tessuti connettivi circostanti, oppure può essere rimosso da chi non vuole che il proprio cane sia identificabile, per fini quasi sempre illeciti.
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